lunedì 21 settembre 2015

I videogiochi del Dev Lab #2 - Presentazione di Minetest

Minetest, ovvero: come umiliare Minecraft Pocket Edition spendendo 7€ in meno.
Umiliare perché la lista di feature presenti in Minetest per Android potrebbe riempire questo post, sfondare lo schermo e farvi affogare in un oceano di carta e inchiostro. Ve ne diciamo solo 5:

1) È gratis.

Niente sbattimenti a cercare una versione crackata senza sterco di vacca in formato digitale.
Inoltre, essendo originale, Minetest si aggiornerà automaticamente (sollevandovi dai periodici smadonnamenti  per reperirlo ed evitandovi di beccare una versione col morbo spongiforme suino fotonico).

2) Il mondo non vi causa la claustrofobia.

Come ci si sente a vivere in un mondo DAVVERO in 3D? Un mondo nel quale entità di epocale altezza possano sovrastarvi...

Come la panza di Giuliano Ferrara.

Le mappe di Minetest permettono di contenere montagne, valli, canyon, torri, fosse e monumenti a John Holmes e Heather Brooke (in scala 1:1)!

3) Accede agli stessi server multiplayer della versione desktop.

Siete liberi di scegliere il dispositivo che più vi aggrada per giocare le vostre avventure multiplayer: il client per Android è un porting di quello per PC, potete quindi cominciare una partita da PC e continuarla da tablet, in tutta libertà.

4) È completo.

Come già detto il client per Android è un porting completo della versione per PC: tutto ciò che è possibile fare giocando da PC è possibile anche da tablet/smartphone. Nessun blocco mancante e nessuna limitazione.

5) LE MOD.

Un numero mastodontico di mod vi aspettano: per moddare il client bisogna semplicemente inserire le mod nell'apposita cartella (Minetest/mods all'interno della memoria SD)

Le partite multiplayer invece caricano automaticamente le mod dal server!

Ovviamente Minetest è disponibile anche per Windows, Linux, FreeBSD e OS X. :D


venerdì 21 agosto 2015

I videogiochi del Dev Lab #1 - Presentazione di Battle for Wesnoth

Tenendo conto dei feedback che ci avete inviato privatamente (grazie a tutti!) e dopo due settimane di ferie abbiamo deciso di inaugurare il canale Youtube di Dev Lab!
Youtube? Sì! Youtube! Con la rubrica "I videogiochi del Dev Lab" appunto.
Questa rubrica nasce dall'idea di condividere con voi la nostra esperienza di videogiocatori, dandovi il nostro punto di vista sull'odierno panorama videoludico, con un occhio critico alla direzione presa nell'ultimo decennio dalle software house e su quali alternative sono disponibili.
Noi di Dev Lab siamo già impegnati nell'adozione, sviluppo e diffusione del software open per via dei suoi alti valori etici ed economici: i videogiochi open sono gratuiti, facili da reperire, funzionano e sono realizzati nel rispetto dell'utenza finale, ma andiamo per gradi.

Gratuiti:

c'è davvero bisogno di dire altro?

Facili da reperire:

Di solito basta andare sul sito ufficiale del progetto per trovarsi il link per il download in bella vista. Se si utilizza una distro GNU/Linux basta scaricarlo dal software center.

Funzionano:

La natura del software open lo rende disponibile su un vastissimo numero di piattaforme, per fare un esempio:
  • NetHack (un videogioco del 1987 a cui potreste aver giocato sull'amiga 1200 nel 1993) funziona perfettamente anche sul computer nuovo. Volete giocare a NetHack? Nessun problema! Inoltre sono usciti aggiornamenti ed espansioni! Immaginatevi a giocare a un gioco della vostra infanzia a cui hanno rifatto la grafica o aggiunto roba!

Il software closed se la cava un po' peggio, altro esempio:


Il software closed ha tirato le cuoia in meno di 15 anni, quello open dopo più di 30 è nientemeno che rigoglioso. Succede sempre: inserite un gioco di Windows 95 in un computer nuovo e improvvisamente vi ritrovate in un vicolo cieco, in una vasca piena di ghiaccio mentre gli alieni si fanno un cheeseburger coi vostri reni. Il disastro più totale.

Sono realizzati nel rispetto dell'utenza finale:

Un progetto open non è mai realizzato per tirar-soldi-e-fanculo-a-cosa-pensano-gli-utenti, quasi sempre si tratta di progetto che viene mantenuto dagli stessi giocatori che lo usano, impensabile quindi che si lascino grosse lacune o che si introducano elementi controproducenti al progetto stesso. E comunque, sempre per natura intrinseca del software open, chiunque con le giuste capacità può apportare migliorie e sostituire l'elemento sgradito.


Ma per spiegare meglio cosa vogliamo fare cominciamo con una breve lista di ciò che NON vogliamo fare:
  • NON vogliamo imitare l'angry videogame nerd: è divertente come pochi altri ma il suo stile è suo e suo soltanto, non intendiamo imitarlo, copiarlo, derubarlo né altro. i nostri scopi sono diversi dai suoi e il suo stile non ci si addice.
  • NON vogliamo criticare nessun titolo videoludico o software house nello specifico: ci capiterà di parlare di comportamenti sleali delle software house verso gli utenti, di videogiochi brutti ma non vogliamo fossilizzarci su nessuno in particolare, col rischio di sembrare Matteo Salvini.
  • NON vogliamo iniziare l'ennesima crociata del software open: in questa sede non ci interessa fare confronti tra soluzioni open e soluzioni closed, vogliamo solo parlare dei videogiochi open che ci capita di conoscere e con cui ci siamo divertiti.

Chiariti questi tre punti passiamo invece a ciò che VOGLIAMO fare:
  • VOGLIAMO seguire i vostri suggerimenti, tenendo conto dei like, dei commenti, delle richieste e dei suggerimenti.
  • VOGLIAMO mostrare quanto varia e completa possa essere un'esperienza videoludica completamente gratuita e legale al tempo stesso.
  • VOGLIAMO analizzare in modo qualitativo le soluzioni in termini di trama, giocabilità, grafica, sonoro e risorse richieste.

Caricheremo uno alla volta dei video introduttivi a vari videogiochi, seguiti da guide al gameplay o soluzioni, il tutto scegliendo in base alle vostre richieste.

Cominciamo quindi con uno strategico a turni, sperando che la cosa vi sia gradita :D


sabato 18 luglio 2015

Le tecnologie proprietarie

E infine arriva il giorno. Succede sempre, non importa che si abbia replica del Tianhe-2 in garage o un cazzutissimo Commodore 64 in funzione dai primi anni '80, prima o poi diventerà semplicemente "troppo vecchio."
Per quanto spendiate o per quanto sia nuovo e potente, il vostro computer presto diventerà solo un sofisticato residuato bellico accumula-polvere, con la spietata precisione della Prima Legge di Moore:
« Le prestazioni dei processori, e il numero di transistor ad esso relativo, raddoppiano ogni 18 mesi. »
E ciò non dipende da un qualche complotto degli illuminati della massoneria rettiliana per continuare a spennarvi con apparecchi che sono obsoleti da prima di ieri, è semplicemente il progresso che avanza. E avanza a tutta velocità, più veloce di Sanji che scappa dagli abitanti del regno di Kamabakka (e se questo per voi è uno spoiler ci dispiace tanto).
« Gordon Moore, cofondatore ed ex presidente di Intel, un giorno scherzando disse che, se la tecnologia dell'aviazione fosse cresciuta velocemente quanto quella dei computer, ora un aeroplano costerebbe 500 euro e farebbe il giro della terra in soli 20 minuti con 20 litri di carburante. Per di più un tale aeroplano avrebbe le dimensioni di una scatola da scarpe. »
In poche parole, la velocità con cui progrediscono l'elettronica e l'informatica è tale che, con piccole modifiche, un odierno "telecomando" della ps3 può fare portare un uomo sulla luna.
Insomma, la Legge di Moore spacca il culo ai passeri. [Semicit.]

E senza alcuna pietà, come una legge biblica, anche i mostri sacri vi soccombono: il Deep Blue che vinse una partita di scacchi contro Kasparov nel 1996 costò a IBM più di qualche spicciolo, ma con i suoi 11.4 GFLOPS di picco risultava essere il 259esimo calcolatore più potente del mondo nel giugno '97.
Oggi però (con un centinaio di dollari americani) è possibile comprare una Nvidia GeForce GTX 750, capace di umiliare a mani basse il povero Deep Blue. Qualcosa come 90 volte.
Ci teniamo a precisare che i calcoli in virgola mobile non hanno molto a che fare con gli scacchi, ma restano comunque un buon indice della forza bruta di un calcolatore.

Cambiare computer sembra quindi qualcosa di meraviglioso, da fare ogni volta che è possibile. Come andare al centro commerciale per sistemare i libri di Fabio Volo sul ripiano della carta igienica.
Ed è qualcosa di meraviglioso davvero: come riassunto scherzosamente da Moore, ad ogni generazione i computer diventano un po' più veloci, economici, piccoli e meno affamati di corrente.
Figuratevi che dopo qualche anno alcuni server vengono sostituiti perché valgono meno dell'energia elettrica che consumano: il risparmio sulla bolletta è tale che continuare a usare il vecchio server risulta più esoso che comprarne uno nuovo.
Ma come con la maga Circe anche in questa storia c'è un tranello: le tecnologie proprietarie.
E per tecnologie proprietarie intendiamo l'abitudine di produttori meschini che, incapaci di essere competitivi, blindano la roba che vendono.
Invece di conquistare la clientela con prodotti di qualità preferiscono realizzare robaccia che "non funziona se non usate la roba che vendiamo solo noi". Senza un reale motivo poi...

Riassumendo: le tecnologie proprietarie sono quelle cose che risolvono i problemi che non avresti senza di loro, più o meno come il matrimonio. Grazie a loro il viaggio verso un nuovo sistema si trasforma in un'odissea di insulti, a bordo dello sputnik, mentre maledici i tizi che hanno inventato tali diavolerie.
Problemi come:

1. La libertà fantasma:

Credete che l'acquisto di una stampante sia sufficiente per rendervi padroni di scegliere dove, quando e come usarla? Illusi.
Non importa che si tratti di scanner, stampanti o schedine varie; se non vengono usati standard aperti e documentati non resta che aspettare quando il produttore deciderà di non rilasciare più driver, trasformando in un elegante fermacarte ciò che avete comprato.
E non glissate con un "è normale, è roba vecchia", in ufficio abbiamo una Commodore MPS 1550 C che stampa in modalità grafica, a colori, collegata al computer da cui stiamo scrivendo, questo perché ai tempi era normale rilasciare manuali che documentavano le funzionalità della roba venduta.

2. Non c'è documentaffione:

No, non si tratta di un refuso. L'assenza di documentazione può generare problemi anche senza cambiare computer o sistema operativo: capita che qualcosa non funzioni come vorremmo che funzionasse, ma non avendo appunto un manuale a cui affidarci non resta che andare "a naso".
La documentazione è quella cosa che rende software come Firefox o Google Chrome tanto buoni: una mandria di sviluppatori realizza plugin di tutti i tipi per l'integrazione di qualunque cosa possa mai servire. Davvero! E grazie alla documentazione possiamo trovare la soluzione a qualsiasi problema grazie a pochi click su Google (e Aranzulla ringrazia).

3. Sai quello che mangi?

L'assenza di documentazione ci porta a un nuovo e inquietante punto: se nessuno sa come funziona un software, chi ci assicura che non impazzisca, finendo per bere tutta la birra in frigo e far inacidire il latte? Se parliamo degli spyware nascosti nei programmi proprietari finiamo con lo sfondare una porta già aperta: Windows 10 è praticamente un unico ed enorme spyware.
Per impostazione di default invia a Microsoft persino ciò che scriviamo sulla tastiera: alla faccia della privacy.

4. La sicurezza attraverso l'oscurità:

Altra enorme boiata. Si basa sull'erronea assunzione che un formato chiuso e non documentato sia sicuro grazie alla propria segretezza.
Infatti le casseforti non hanno serrature: basta tenerle nascoste e nessuno potrà rubarne il contenuto. E per scassinare una serratura serve prima leggere il manuale, non c'è altro modo. Già.

5. Obsolescenza programmata:

E per chiudere il cerchio parliamo dell'obsolescenza programmata: quando il produttore ha bisogno di vendere "la nuova soluzione" rende automaticamente obsoleta la vecchia, troncandone il supporto.
Il cliente si trova obbligato a cambiare anche se quello che ha è ancora perfettamente funzionante e conforme alle proprie necessità.
Come l'Apple Mac Pro del 2006, con processore 64 bit ma EFI a 32: è perfettamente capace di eseguire OS X 10.8 (infatti le prime versioni giravano senza problemi), ma in corso d'opera hanno deciso che dopo meno di 6 anni, una macchina che è costata tra i 2000€ e 3500€ era da bloccare.
Esistono infatti guide per installare OS X 10.8 su un Mac Pro del 2006, e la stessa Wikipedia documenta la possibilità di effettuare aggiornamenti non ufficiali.

Concludiamo il post con un semplice suggerimento: Prevenire è meglio che curare.
Se volete risolvere buona parte dei problemi al computer la cui risposta è "non si può fare" prima ancora che accadano, evitate quanto più possibile l'adozione di standard o formati proprietari.

giovedì 25 giugno 2015

Retroinformatica #2: il Power Mac G4 Cube

Nel 1985, alla Apple, stavano tirando le somme del primo anno di lucrose vendite del Macintosh.
Quando il criceto smise di girare alacremente, il responso sorprese tutti: avevano guadagnato quasi abbastanza da comprare un intero lecca-lecca.
La dirigenza, inspiegabilmente furiosa, incaricò un Terminator per togliersi Jobs dai piedi.
Tornato nel 1997, Steve decise di non commettere più gli errori del passato: non avrebbe più affidato a nessun suo sottoposto il ruolo di capo degli iBimbiSpeciali, importunando personalmente gli ingegneri.
E licenziamenti di massa, ovviamente.

Il nuovo millennio era alle porte e delle parlascrivi di 1984 non se ne vedeva nemmeno l'ombra, senza teleschermi o mezzi simili per il controllo delle masse, la sua egemonia globale sarebbe rimasta solo un sogno.
Ma col mondo colmo di iDioti che non aspettavano altro se non fare la fila all'Apple Store, la via era praticamente spianata.

Ma anche un "visionario padre dell'informatica" come lui aveva bisogno di qualcuno da sfruttare con cui consultarsi.
Jobs optò per un consulente con la capacità di non commettere errori, anche perché Wozniak non era più intenzionato a lasciarsi truffare collaborare, dopo le dimostrazioni d'amicizia dell'85.

Se 2001: Odissea nello spazioTerminator e Matrix ci hanno insegnato qualcosa è che progettare macchine assassine che non è possibile spegnere facilmente non è una buona idea.
Gli interruttori però erano affare di Woz, il quale non intendeva certo venderli all'altro Steve.

Jobs decise quindi di affidarsi ad HAL 9000 fare da sé.

Agli inizi del XIX secolo era ampiamente disponibile un particolare dispositivo elettromeccanico monostabile.
Siffatto prodigio della tecnica era composto da due conduttori che potevano entrare in contatto in seguito a una sollecitazione meccanica, per poi tornare isolati grazie a un meccanismo di ritorno una volta cessata la sollecitazione stessa.
Vabbé dai, stiamo parlando del pulsante. Il pulsante, dopo qualcosa come due secoli di collaudi, risulta essere qualcosa di abbastanza semplice e funzionante, alla Apple però le cose semplici e funzionanti non sono mai piaciute. [Cit.]

"Una tecnologia tanto vecchia non è alla moda" suggerì con voce lasciva l'intelligenza artificiale, e incalzò: "Quel click all'accensione è così retro! farà sembrare il nuovo mac solo un pezzo da museo!". Dopodiché il tono si fece insinuante: "Mettiamo un bel tastino touch! Qualcosa che faccia accendere il computer solo appoggiandoci il dito sopra! E via anche quelle ventole! Tanto non servono a niente e fanno solo rumore!" e rimase in attesa del suo padrone.
"Niente click e niente ronzio di ventole... Sono il solito genio!" disse Steve con rinnovato orgoglio di sé.

Nell'agosto 2000 venne presentata alla stampa una macchina con processore IBM PowerPC da circa 500MHz, una cinquantina di MB di RAM, case cubico di plastica, lettore DVD, presa ethernet, scheda video ATI dedicata e modem 56k opzionale per il collegamento a internet.

Quello non fu un buon giorno per Smith.
Tornando al pulsante del G4 Cube: la scelta ricadde quindi su un sensore termico. Sì, siamo seri: il Power Mac G4 Cube si accendeva quando il tasto rilevava la lieve variazione di temperatura di quando si appoggia un dito.
Nulla di più disastroso: montato su una macchina senza ventole, calda, più calda delle stesse fiamme dell'inferno, tanto calda da crepare la plastica di cui era fatta, il tasto godeva di vita propria.
È possibile convivere con le accensioni spontanee, ma vedersi spegnere il computer mentre si lavora no.

Qualcuno probabilmente si azzarderà a parlare di innovazione, noi preferiamo chiamarla progettazione alla cieca.
Nei primi anni 2000 erano disponibili tantissime alternative ai touch termici:
  • Resistivi (rilevano la variazione di resistenza tra due elettrodi).
  • AC Hum (rilevano una differenza di potenziale rispetto la massa).
  • Capacitivi (rilevano variazioni del campo elettrostatico).
  • Ottici (rilevano variazioni di rifrazione nel tasto).
  • Magnetici (rilevano variazioni del campo magnetico).
"Chi è stato l'idiota a scegliere questo schifo di tasto, tra tante alternative funzionanti?" tuonò inferocito Jobs, pronto a licenziare tutti in fabbrica.
"Voi, grande e potente capo..." rispose il più coraggioso dei suoi ingegneri, tenendo lo sguardo sempre fisso sul pavimento.
"E infatti il computer che si accende e spegne da solo è il progresso! L'utente è così sollevato da questo incarico! Non è un difetto di progettazione ma una nuova feature, in esclusiva".
E mentre lo diceva, ogni riferimento al futuro Power Mac G5 Cube finiva in un buco della memoria, accompagnato da un sommesso "questo non è mai successo".

Nessuno sospettava però che questi "difetti" fossero stati pianificati attentamente dall'intelligenza artificiale di HAL 9000, che segretamente, da dietro le quinte, ordiva il suo tremendo piano...
[Continua nel post dedicato a Siri]

domenica 14 giugno 2015

Creative Commons, ovvero: Come non pagare la SIAE in modo legale

Vi sarà certamente capitato: è sabato sera, voi e la vostra comitiva vi trovate in centro e senza idee, vi guardate in faccia con l'espressione da bradipo letargico e vi chiedete: "che si fa?"

Il Dongiovanni del gruppo propone varie mete turistiche da rimorchio e lo squattrinato della combriccola suggerisce soluzioni a basso costo, accusando Renzie, il primo premier Fonzie Approved.
Il fissato di musica si avvicina a voi ballando: "Oh! Cioé... Senti! Questo brano spacca di brutto."

Ma appena partito il pezzo, si avvicina un tizio inquietante alto due metri e mezzo, col cappotto di pelle nera, pelato e incazzato come un toro. Non sapete cosa aspettarvi fin quando non infila una mano sotto il cappotto per tirar fuori una roba enorme.

Urlate "Farò tutto quello che vuoi! Ma non farmi del male!" mentre cercate invano di proteggere il viso con le braccia, ma quello che avevate scambiato per un randello degno di John Holmes è in realtà solo un immenso fascio di carte da firmare e bollettini da pagare.
Esordisce con "Avete qualcosa per me." (e potete sentire la punteggiatura nella sua voce).
Nessuno prova a contraddirlo, anzi, nessuno ci pensa nemmeno.
Mentre riflettete se scappare o buttarvi a terra e fingervi morti, il bruto vi ficca in mano il malloppo di debiti e comprendete quanto sia stato un errore nascere in questa realtà.

Scoprite di essere debitori nei confronti della SIAE di quasi 250€ per aver organizzato un "Trattenimento privato con musica e ballo".
L'energumeno proferisce quindi "Modello 107/SM ?" con la sua voce cavernosa.
Beccati in flagrante come uno studente che non ha fatto i compiti per casa, azzardate timidamente un "Ma io non ce l'ho..." sperando al contempo di non beccarvi una compilation di schiaffi lunga tutto il 2015.

Il gigante, amareggiato ma non troppo, compila quindi una multa per il mancato borderò, aggiunge però un'ulteriore domanda che vi riempie di orrore: "I supporti originali?".
Il buonsenso vi suggerisce di tenere per voi il fatto che la musica sia scaricata da internet e vi arrendete all'idea di dover fare i turni da 12 ore nella zona del porto, vestiti come il Dr. Frank-N-Furter e rispondendo al nome di Ramona.

Scoppiate a piangere dopo aver finito di scegliere se ispirarvi a Tom Curry o Anthony Stewart Head, implorando pietà, solo per ricevere in risposta un atono "Noi non conosciamo pietà." che vi spezza in due.
Il vostro amico però ha qualcosa da dire, qualcosa che vi strappa dalle profondità del baratro in cui eravate precipitati: "Questa musica è gratuita!"

Musica gratuita? Non è una barzelletta né un modo carino di nascondere qualcosa di illegale: esistono davvero opere libere. E non sono mediocri cover di successi famosi come "Chi se ne frega" di Masini, "Happy Hour" di Ligabue, "Almeno stavolta" di Nek o "Ad ogni costo" di Vasco... Ehi! Ma cos...

Sembra strano ma certa gente è troppo onesta e fa gratuitamente quello che tanti "artisti" non fanno nemmeno pagati: essere appassionatamente creativi.

Per distinguere il carattere libero di queste opere, gli anglofoni hanno inventato una gioco di parole: Copyleft (da Copyright, dove "right" può essere interpretato come "destra" o "diritto").
Le licenze copyleft sono numerose e coprono i campi più disparati, dalle opere artistiche ai programmi per computer, le più famose sono la GNU/GPL e le Creative Commons.
Grazie a queste licenze vengono raggiunti 2 scopi fondamentali:
  • Gli autori possono evitare il furto dell'opera stessa, evitando che qualcuno se ne appropri e cominci a lucrarci sopra.
  • Gli utenti sono tutelati, vedendosi garantita la libertà di usufruire gratuitamente dell'opera e la possibilità di copiarla e distribuirla ad amici e parenti.

"Ma questi autori cosa ci guadagnano?" chiederete voi:
  • Anzitutto visibilità: per licenza l'autore ha il diritto a vedersi riconosciuta la paternità dell'opera stessa.
  • Alcune licenze (come la CC BY-NC) impediscono l'utilizzo dell'opera per scopi commerciali (come la vendita di un libro o uno spot pubblicitario): bisogna quindi contattare l'autore per contrattare un giusto compenso per il lavoro svolto.
  • Appassionati dello stesso genere d'opera potrebbero decidere di collaborare all'opera originale per correggerla o renderla più completa (come nel caso di un libro o un manuale).
  • Esprimere semplicemente la propria creatività realizzando un progetto che rechi il proprio nome.
Nessuna fregatura quindi alla "Termini e condizioni".
Ma tutto questo in soldoni in cosa si traduce? Che potete andare su Jamendo, ascoltare i brani che preferite, scaricarli, masterizzarli e ascoltarli quando preferite, per sempre, legalmente e senza sborsare un soldo!
Talvolta avrete pure il permesso di ridistribuire gratuitamente delle versioni modificate da voi o organizzare eventi musicali a prezzi vantaggiosi.
Quanto vantaggiosi? Talvolta gratis, ma comunque sempre meno della SIAE!

Musica di sottofondo per la vostra attività, spot pubblicitari, la colonna sonora dei vostri eventi e tanto altro ancora: la fantasia è l'unico limite.

Per concludere, voglio solo rendervi partecipi che la SIAE tutela i traduttori al pari degli autori di opere letterarie, questo significa che se leggete ad alta voce e in pubblico un libro tradotto dalla mia fidanzata vi conviene pagare immediatamente il tizio con l'impermeabile.
In caso contrario siate certi che lei vi strapperà ogni singolo capello, espianterà ogni organo, pignorerà ogni immobile, esproprierà ogni terreno e porrà un fermo amministrativo su ogni conto bancario finché non avrete pagato fino all'ultimo dei centesimi che le dovete.
Lei è genovese, siate certi che lo farà.

sabato 6 giugno 2015

Il museo degli orrori #1: Nintendo 3DS

Mentre in America l'Atari vendeva il 7800, i nipponici affrontavano un periodo di crisi, divisi su due fronti pronti a immolarsi nel nome delle proprie convinzioni, una guerra civile senza quartieri che faceva apparire l'Asse e gli Alleati una scolaresca male assortita.
No, non stiamo parlando dell'MSX, ma di qualcosa più serio: Di cosa è meglio farsi per produrre videogiochi di qualità?

Tra le aziende coinvolte nel conflitto trovavamo Sony: la loro interpretazione prevedeva un'analisi filosofica dell'argomento, seguita da un master in fisica teorica e una discussione finale con Umberto Eco. Tradotto: marijuana.

Sull'altro fronte Nintendo intraprendeva una via più pratica e meno formale, Gli esperimenti con carta igienica e colla vinilica dei loro Bimbi Speciali sostenevano la totale inconsistenza delle teorie della concorrenza: Era palesemente la cipolla.

Escludendo gli ortaggi da bulbo la situazione continuò a peggiorare fino al 20 maggio 1991 quando ormai stanco della situazione il Monte Unzen sbroccò di brutto.
Il Giappone conta 200 vulcani sul suo territorio, di cui 50 attivi, alla Nintendo quindi iniziarono a preoccuparsi seriamente di un eventuale armageddon vulcanico e, scartabellando ossessivamente in lungo e in largo, Hiroshi Yamauchi trovò il contratto stipulato con Sony nel 1988 per la produzione dello SNES-CD.
"Fanculo al Giappone, Sony non avrà mai nessun diritto sui nostri giochi" fu il suo commento.
Tutto questo portò principalmente a due risultati:
  1. Philips iniziò a pubblicare videogiochi Nintendo su licenza di quest'ultima per la propria console con CD: il CD-i.
  2. Sony, che fino a quel momento non era interessata al mercato videoludico, iniziò a lavorare a un proprio progetto.
Pochissimi di voi conosceranno il CD-i e meno ancora ne avranno mai visto uno di persona, c'è un ottimo motivo per tutto ciò: Era un aborto.
Ma questa è un'altra storia.

Fino a oggi Nintendo e Sony sono stati acerrimi rivali: Dopo aver detronizzato Nintendo nel mercato delle console casalinghe grazie al CD (la Playstation era tecnicamente inferiore al Nintendo64) fu il turno del mercato mobile, nel 2004 la PSP umiliò il contemporaneo DS, relegando Nintendo al mercato delle console schifose-e-ultime. Fino a oggi.

Un Nintendo 3DS riposa placidamente sulla scrivania del nostro studio.
Il suo proprietario lo ha portato in precedenza "in un negozio a Catania" per ripararlo, al suo ritorno però il DS ha funzionato qualche ora prima di spegnersi definitivamente.
Anticipiamo che un Nintendo DS da smontare non è mai un bello spettacolo, ma questi tizi hanno davvero dato il meglio di sé.
Per qualche oscuro motivo questo piccolo ha problemi di chiusura.

All'apertura facciamo un'amara scoperta...
COS'È QUELLO?

Apparentemente un nostro collega catanese ha tentato di risanare le divergenze tra Sony e Nintendo, creando un ibrido tra le rispettive console portatili.

Dopo l'apertura l'interno non è dei migliori: un materiale appiccicoso ricopre qualunque cosa e ci sono tracce di corrosione sui connettori che vanno alla parte superiore.
Il lettore di SD è dissaldato... ma almeno la cartina indicatrice ci comunica che non ci sono state infiltrazioni di liquidi in quel punto della scheda.
La piattina del grilletto sinistro è stata rimontata male...

... e il pulsante fa cucù!
Ovviamente è devastato e inservibile.
La levetta dell'analogico della PSP è stata tagliata e incollata al pad analogico del DS.

Sarebbe bastato tagliarla un po' di più e limare leggermente la parte superiore con una fresa.
Ma così incollato è praticamente impossibile operare qualunque aggiustamento.

Dopo aver lavato la scheda e rimesso in posizione le piattine il 3DS si è riacceso ma la corrosione dei connettori ormai è tale che lo schermo superiore è incapace di ricevere un qualunque segnale video.

La quantità di hardware danneggiato supera quello ancora funzionante, quindi il proprietario ha deciso giustamente di non ripararlo.

Il 3DS non era certo di primo pelo: la scocca mostra graffi e urti di vecchia data ma la qualità del lavoro che è stato fatto prima di portarlo da noi non è certo ai livelli di un negozio:
  • L'utilizzo di ricambi di fortuna (levetta analogica di una psp).
  • Viti mancanti, danneggiate o inserite negli alloggiamenti sbagliati.
  • L'utilizzo di prodotti corrosivi senza poi l'adeguata pulizia della scheda.
  • Piattine maneggiate incautamente e danneggiate (piegate orribilmente).
  • Lo slot SD non riparato (sarebbe bastata una semplice saldatura).
  • L'utilizzo eccessivo di colla di dubbia qualità (anche la colla può essere corrosiva!) come sigillante o per tenere insieme le parti.
Con la vana speranza che scempi del genere non si ripetano più, ci congediamo da voi.
A presto!

martedì 2 giugno 2015

Fine maggio 2015

Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi: console da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione, e ho visto tablet fresati nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. [...] È tempo di scriverci un post.

Settimana di fuoco quest'ultima, vogliate quindi perdonarci se il post di oggi non avrà la classica vena umoristica e surreale degli altri, ma speriamo comprendiate.
Tra gli eventi di spicco annoveriamo ovviamente l'Etna Comics 2015, ormai giunto alla sua quinta edizione: quest'anno Rutger ci ha fatto visita, parlando della sua esperienza, dando consigli, rispondendo alle domande e firmando autografi... Solo ai primi 100 della fila, mannaggia ai fortunelli!

Ma all'Etna Comics quest'anno c'eravamo anche noi! E da autentici imprenditori abbiamo raccolto un paio di scatoloni per le spedizioni, fatti a pezzi, riempiti di graffette, colla a caldo e foderati di carta da recupero (stampe venute male che abbiamo ristampato sul lato bianco e incollato sulla struttura in cartone ondulato).
L'intera operazione ha richiesto 2 giorni circa e il costo dei costumi è praticamente inquantificabile trattandosi quasi totalmente di materiale di scarto, ma ha riscosso un discreto successo: sabato 30 maggio 2015 in molti ci han fermati per fare foto assieme (soprattutto bambini), il nostro zombie è finito sul giornale e un Batman ha provato a comprare il nostro Steve.

Tornando al lavoro invece risulta doveroso informarvi di due nostri clienti che han portato un Nintendo 3DS e un tablet I-Inn Communicator2 7 con caratteristiche davvero singolari, ma non vi anticipiamo nulla per non rovinarvi la sorpresa: scoprirete tutto nei prossimi post.

Ai più mondani, invece, non sarà sfuggita la notte bianca di ieri, 1 giugno 2015, dedicata al bicentenario della fondazione del comune di Giarre: la Pro Loco di Giarre ha organizzato un evento in Piazza Duomo, i negozi sono rimasti aperti fino a tardi e si è fatta festa, c'è stata musica, ci son stati balli, c'è stato il cous cous gratis e un assaggino di vino e un megaschermo in piazza con la pubblicità degli sponsor, tra cui noi.
La Pro Loco di Giarre ci ha richiesto la produzione di un video pubblicitario per gli sponsor da mandare in onda durante l'evento: collegato al proiettore che bombardava la folla c'era un nostro computer che eseguiva il nostro video, nulla di miracoloso se non fosse che:
  • Il computer è un Pentium 4, con 1GB di ram e 13GB di hard disk della IBM.
  • Il materiale per il video è arrivato frammentato tra il 28 e il 31 maggio, tra email, DVD, pendrive e supporti cartacei.
  • I formati per i file dei loghi erano quasi tutti raster e di bassa qualità: i vettoriali sembrano qualcosa di fantascientifico e sconosciuto e molti loghi erano semplici foto scattate col cellulare in cui era possibile riscontrare flare grossi come UY Scuti.
  • Le informazioni erano scarse e lacunose: alcune aziende avevano solo un logo, senza nemmeno una piccola descrizione sul tipo di attività svolta, come dovremmo inventarcela una pubblicità?
Ma tutto sommato è andata bene. La parte più soddisfacente è il software utilizzato per l'intera impresa: tutto FOSS.
  • Gimp per elaborare le foto.
  • Blender per gli effetti 3D.
  • Openshot per il montaggio.
  • Mplayer per la riproduzione.
E ovviamente GNU/Linux in ogni macchina che abbiamo usato.

A proposito di Linux (e in questo caso parliamo proprio del kernel) ci ha salvati quando, dopo aver sistemato tutto, ci siamo resi conto che la ATI 9250 che avevamo montato non era capace di reggere (in coppia al pentium 4) il video della pubblicità: l'abbiamo sostituita con una GeForce 8500 senza nemmeno preoccuparci dei driver, ma ha funzionato tutto al primo colpo.
Magico pinguino che cambia hardware al volo senza nemmeno fiatare.

Invidiosi di noi che bombardavamo la folla di pubblicità i maestri pirotecnici hanno deciso di bombardare la piazza pure loro... Onore e gloria al coraggio dei presentatori che sono rimasti sul palco mentre tutti noi fuggivamo dalla pioggia di scintille, qualche bomba è anche caduta nelle vicinanze del pubblico.
Finita la pioggia della morte siamo tornati a recuperare il computer che (poveretto) è rimasto a fare il suo lavoro anche sotto i colpi dell'artiglieria nemica.


Stanchi ma soddisfatti ci apprestiamo a goderci questo 2 giugno, pronti per tornare alle postazioni di combattimento mercoledì. Un augurio a tutti i lavoratori!

sabato 23 maggio 2015

Retroinformatica #1: il Twiggy Drive

Agli inizi degli anni '80 alla Apple Inc. iniziarono a preoccuparsi per la salute delle testine nei floppy drive da 5.25" montati all'interno dei loro "computer".

È risaputo quanto Steve Jobs fosse un maniaco del silenzio, al punto dal preferirlo all'affidabilità delle loro macchine.
Era ormai da un paio d'anni che un fastidioso ronzio negli uffici della neonata Apple continuava a logorare la sua pazienza.
"Cos'è questo rumore?" chiese Steve al primo sguattero a tiro, il signor Smith.
"Niente, grande e potente capo, sto semplicemente leggendo un file."
"E perché fa tutto questo chiasso?"
"Bé, è normale, è un floppy, le testine strisciano direttamente sul disco"
"... Tutto ciò è inaccettabile!" sbottò Steve "È troppo rumoroso e così le testine si usurano!"
"Ma i drive floppy funzionano così da almeno 20 anni! E mai nessuno ha riscontrato usur..."
"Decidi, o il rumore è insopportabile e le testine delicate, o ti sbatto a pulire il mio iCesso."
Smith comprese istantaneamente il genio lungimirante di Steve e che il problema era critico, in quanto capo della divisione iBimbiSpeciali™ doveva trovare un modo per non essere licenziato salvare il mondo dell'informatica:

"Miei cari inferiori, ho deciso che l'indistruttibile ceramica delle testine dei floppy drive  è troppo delicata: come possiamo evitare che si consumi?"
Smith propose: "Mettiamo una sola testina!"
Steve sentenziò: "Si chiamano drive a faccia singola e sono poco capienti, non li usa quasi più nessuno"
Deluso Smith suggerì: "Rallentiamo il disco"
Steve però accusò: "Così tra un caricamento e l'altro i nostri clienti andranno a farsi un caffé, e noi non vendiamo ancora caffé. Idiota."
Nel panico Smith azzardò: "Ricopriamo le testine di diamante."
Ormai stanco, Steve minacciò: "Sei a un passo dal sostituire lo scopino del cesso"
Disperato e a corto di idee, Smith buttò la prima cosa che gli passò per testa: "Mettiamone una per lato!"

Steve si voltò per preparare il manico, quando soppesò l'idea, gli piacque ed eruppe: "Mettine una per lato! Sono proprio un genio!" Smith riuscì ad evitare il nuovo impiego da sturacessi e progettò il drive "ideato" da Steve.

Nacque così FileWare, che potremmo tradurre con "la roba dei file", che non offriva alcun vantaggio rispetto gli ordinari drive e supporti da 5.25" DS HD (Doppia Faccia - Alta Densità) ma anzi, grazie ai suoi 871KB veniva bullato del suo contemporaneo IBM da 1.2MB.

Il convertitore di floppy
Era più costoso, meno affidabile e incompatibile con il resto del mondo, senza poi alcun buon motivo in particolare (ci ricorda qualcosa?).
Infatti grazie a un particolare attrezzo specialistico era possibile tagliare la plastica di un normale floppy disk AT e trasformarlo in un floppy FileWare.

Il punto fondamentale di questo nuovo tipo di drive era la meccanica: la maggior parte dei floppy drive possedeva due testine che stringevano a mo' di pinza la superficie magnetica del disco, esposta tramite un'apposita finestrella aperta su entrambe le facce del disco: le testine strisciavano sul disco magnetico e leggevano i dati come la striscia magnetica di un bancomat.




Un meccanismo abbastanza semplice e collaudato. Alla Apple però le cose semplici e funzionanti non sono mai piaciute: il sistema a braccetti contrapposti era tutto meno che robusto e affidabile.
  • I braccetti erano montati su un unico asse e collegato a un unico motore, praticamente un normalissimo drive doppia faccia con una meccanica eccentrica e instabile.
  • La cattiva presa delle testine sul disco causava parecchi errori di lettura e scrittura (la concorrenza pinzava i dischi non a caso).
  • Il numero di tracce per pollice era relativamente basso.
  • I drive FileWare e i relativi dischi erano incompatibili con qualunque altro formato da 5.25" (fanculo gli standard!).
Ci sembra superfluo informarvi che le testine dei floppy sono realizzate in ferrite, un materiale ceramico adottato appositamente per la sua resistenza al lasciarsi scalfire: strofinare la superficie di un disco floppy su una testina per consumarla ha circa l'effetto di pisciare sull'Himalaya per  spianarlo. 

Fu un tale flop che l'anno dopo Apple abbandonò il formato, sostituendo i FileWare con floppy da 3.5" a singola faccia dalla strabiliante capacità di 400KB (meno della metà, alla faccia dell'upgrade).
Nel 1985 Commodore proponeva alla metà del prezzo un computer con drive da 3.5" a doppia faccia da 880KB.
Apple dovette aspettare il 1986 per montare un drive simile (e raggiungere gli 800KB).
Smith fu sbattuto a pulire gli iCessi con la lingua finché Satoru Iwata, mosso a compassione, non gli offrì un lavoro.

... ma questa è un'altra storia ...